Il Binge Eating Disorder (disturbo di alimentazione incontrollata)

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Il Binge Eating Disorder (disturbo di alimentazione incontrollata)

Il disturbo di binge eating (disturbo di alimentazione incontrollata) si caratterizza da ricorrenti episodi di abbuffate, che si definisce come “il mangiare in un determinato periodo di tempo una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui mangerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili” il tutto accompagnato da sensazioni di perdita di controllo a tal punto da sentirsi come si fosse in trance, come se qualcuno stesse mangiando al proprio posto.

Il tipo di cibo assunto varia da individuo a individuo e non si tratta di un desiderio verso un determinato alimento in quel momento, si differenzia dal “mangiucchiare” piccole quantità di cibo nell’arco della giornata.

Affinché si possa parlare di Binge Eating Disorder (BED), classificato all’interno dei Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali – quinta edizione (DSM – 5), vi deve essere la presenza di uno o più episodi di abbuffata alla settimana e per un periodo di almeno tre mesi, caratterizzata da un mangiare molto più rapidamente del normale, una voracità che porta a mangiare in solitudine una maggiore quantità di cibo rispetto ai propri bisogni del momento fino al sentirsi sgradevolmente pieni e con conseguenti vissuti di disgusto verso se stessi e forti sensi di colpa.

Rispetto al disturbo dell’anoressia, nell’abbuffata non mi mettono in atto comportamenti compensatori come il vomito autoindotto, l’abuso di lassativi o l’attività sportive intensa.

Il cibo può essere inteso come una “sindrome di discontrollo” (Freeman e Gil, 2004) generale nei confronti dell’alimentazione in cui si mangia per sentirsi meglio, ma purtroppo si entra in un circolo vizioso e dopo ci si sente peggio e si ritorna al cibo per sollevarsi.

Le persone che soffrono di tale disturbo tendono a abbuffarsi quando vi è la presenza di un umore depresso o stati ansiosi, oppure anche quando sono tesi, annoiati o quando si sentono soli.

Emotivamente vi è la sensazione che la tensione possa essere sostituita soltanto dal cibo, vi è imbarazzo su quanto si sta mangiando, accompagnato da insoddisfazione e senso di colpa, il tutto con una sensazione di offuscamento come se non si esistesse e si fosse in modalità off con inserito il pilota automatico.

Il cibo diventa lo strumento per allontanare stati emotivi intollerabili come ansia e rabbia e per colmare situazioni emotive che si pensa di non essere in grado di gestire e/o superare: vi è la presenza di una iniziale sensazione di disagio, che durante l’abbuffata, cede, per un breve lasso di tempo, il posto a sensazioni gratificanti legate al gusto del cibo e al senso di pienezza, che però vengono in breve tempo sostituite da spossatezza, fastidio fisico e peggioramento del tono dell’umore (Stein et al., 2007).

Frequentemente le abbuffate sono riconducibili a un senso di inadeguatezza e a una bassa autostima, che porta a pensare di non avere valore per gli altri.

La psicoterapia diventa importante per accettare e tollerare le emozioni negative, per aumentare la propria autostima e sviluppare le capacità relazionali, superare quel bisogno di ricerca di perfezionismo che arriva dal mondo esterno, per ritornare a centrarsi su di sé riconoscendo i propri punti di forza e le proprie abilità.