L’anedonia e l’incapacità di provare piacere

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L’anedonia e l’incapacità di provare piacere

L’anedonia si riferisce all’incapacità di una persona di provare piacere svolgendo attività piacevoli quali dormire, nutrirsi, esperienze sessuali e relazioni sociali.

Il termine venne coniato da uno psicologo francese, Théodule-Armand Ribot, nel 1897 e descrive appunto l’incapacità di provare piacere di fronte ad attività, che in precedenza provocavano piacere e negli ultimi vent’anni è andato a definirsi sempre meglio per entrare di diritto tra i criteri diagnostici del DSM III: “perdita dell’interesse o del piacere in tutte o quasi tutte le attività”.

Una sorta di appiattimento emotivo che fa perdere la capacità di godere dei piccoli e grandi piaceri della vita, in cui vi può essere l’incapacità a sperimentare il piacere (una forma di anestesia rispetto al piacere), o l’inconsapevolezza del piacere e in questo caso è l’emotività che accompagna lo stimolo piacevole ad essere alterata, oppure una mancanza di ogni interesse per il piacere arrivando al torpore affettivo.

Si distinguono principalmente due tipologie di anedonia: l’anedonia sociale caratterizzata da una marcato disinteresse e piacere verso le relazioni sociali con comportamenti di isolamento sociale e l’anedonia fisica, che include la mancanza di piacere e il disinteresse verso il cibo e altre attività fisiche.

Si differenzia dall’apatia, che si riferisce alla perdita o alla riduzione della motivazione rispetto a uno stato precedente, con difficoltà a intraprendere nuovi comportamenti o iniziative. Invece l’anedonia provoca una consistente diminuzione di interesse o piacere per la maggior parte delle attività quotidiane, smettendo di ricercare attività piacevoli come se mancasse la motivazione (Husain e Roiser, 2018).

Può essere definita come tratto nel caso vi sia una incapacità permanente di provare piacere e può essere presente fin dall’infanzia; mentre è uno stato quando vi è una pervasiva, non reattiva, incapacità a provare piacere per cose specifiche in un determinato momento.

Partendo dal definire il piacere una sensazione associata a un comportamento per soddisfare un bisogno che può essere una motivazione o una ricompensa, che porta a imparare dei comportamenti e a ripeterli per rievocare l’esperienza piacevole.

Vi è un piacere anticipatorio, che, attraverso la motivazione, spinge all’azione organizzata per il soddisfacimento del proprio desiderio, oppure un piacere che viene dopo: la gratificazione avendo raggiunto l’effettiva soddisfazione del desiderio.

Nella fase anticipatoria, in cui il piacere alimenta il desiderio e sostiene la motivazione per avere l’esperienza gratificante, a livello del funzionamento cerebrale, si ha l’attivazione delle aree dopaminergiche, mentre dopo l’azione e il raggiungimento della gratificazione del desiderio sono coinvolti gli oppioidi endogeni.

Anche se i meccanismi alla base dell’anedonia siano in parte sconosciuti, numerosi studi indicano il disturbo come conseguenza di un mal funzionamento delle aree dopaminergiche il cui neurotrasmettitore è la dopamina, coinvolto appunto con i centri del piacere nella fase anticipatoria e con le ricompense, il cui rilascio si verifica a seguito di stimoli piacevoli e quando vi è la presenza di un disturbo di anedonia vi è la mancanza di motivazione e l’assenza dello stato di eccitazione in attesa di un evento positivo (anticipazione).

L’anedonia consiste nell’incapacità di desiderare la gratificazione e di conseguenza i pazienti con codesto sintomo hanno una modalità inadeguata di rapportarsi con l’ambiente, che si manifesta con la tendenza all’isolamento come si riscontra in situazioni in cui vi è la presenza di una depressione maggiore o di disturbi affettivi e umorali.

Sintomo in quanto l’anedonia non viene considerata dalla medicina una condizione primaria, ma una condizione presente in diverse patologie quali la depressione, la schizofrenia, nei disturbi dell’umore, nel disturbo post-traumatico da stress, nei disturbi da uso di sostanze e nel morbo di Parkinson.

Uscendo dalla visione strettamente medica, che la tratta in relazione al disturbo psichiatrico presente, l’anedonia potrebbe essere ricollegabile alla propria storia personale ed essere l’espressione di fattori ereditari o evolutivi ed essere un fattore predisponente alla depressione e non conseguente ad essa.

Ci sono tante ipotesi circa questa incapacità a provare il piacere, forse anche perché il piacere è difficile inserirlo in un qualcosa di definito, non esiste attualmente un pensiero unanime nella comunità scientifica che permetta di concettualizzare e comprendere l’anedonia e importante è ricordare che ogni tratto comportamentale, pure l’anedonia, dipende da un insieme di fattori psicologi, biologici, familiari, che interagiscono tra di loro nella storia unica di ogni individuo.