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La terapia come narrazione

La Terapia Come Narrazione

“Le storie non sono ne’ vere, ne’ false, le storie siamo noi stessi mentre cerchiamo di capire chi siamo, di riconoscerci, di sentirci parte di un tutto più grande di noi” (Ruggiero)
L’uomo ha un’innata capacità di produrre miti e narrare storie, attraverso le quali si struttura la propria identità sociale, familiare e personale, e dalle quali si è organizzati e strutturati. Il processo di narrazione è costante e implica una riorganizzazione e una rilettura dell’esperienza, come sostiene Umberto Eco la funzione del narrare è quella che era la funzione dei miti: “dare forma al disordine dell’esperienza”.
Ogni individuo costruisce un racconto della propria vita, importante per apprendere qualcosa su di sé, per dare un significato alla propria identità personale, per il riconoscimento della propria storia.
Daniel Sieger sostiene che la mente individuale è in realtà una mente sociale individualizzata, con un principio non statico, ma bensì dinamico, intenzionale, che consiste nella capacità tipicamente umana di costruire narrazioni, in particolare narrazioni autobiografiche.
Il pensiero autobiografico è uno strumento di ricerca, che nasce dalla propria individualità, attraverso il raccontarsi ci si ricostruisce e, come diceva Proust, “sviluppiamo i negativi della nostra vita” , ci si riprende tra le mani assumendosi la responsabilità di ciò che si è stati e di ciò che si è fatto, per arrivare a dare un significato personale alla propria storia. Il ripercorrere gli istanti, i momenti più importanti della propria vita, permette di guardare alla propria esistenza come osservatori, componendo gli eventi più significativi la persona diventa narratore e attore del proprio sé utilizzando la propria autobiografia come strumento per dare un senso al presente, alla luce del passato e in vista del futuro.
Nell’atto autobiografico la mente ha il compito di evocare il passato, rifletterci in relazione alle differenze col presente, ricollocare nel posto giusto per sé le azioni, le scelte, le decisioni trascorse non per dimenticarle, ma perché acquistino un significato funzionale per la vita odierna.
Nel selezionare o descrivere una situazione, un evento vissuto, ognuno decide quale importanza dare ai vari momenti della narrazione, facendo sì che la narrazione diviene consapevolmente o meno un’assegnazione di senso individuale. L’ascolto, la ripresa da parte di altri, le riformulazioni, l’ampliamento divengono momenti di costruzione di significato, che va ad aumentare e modificare la precedente conoscenza soggettiva.
L’atto stesso di raccontare fornisce l’opportunità di creare una versione differente della propria vita e di se stessi, permette di avere un pubblico e pertanto di ricontestualizzare il significato dell’esperienza. Durante un percorso psicoterapeutico, la co-costruzione di una nuova versione della stessa storia diventa centrale al fine di permettere una prospettiva diversa nei confronti della situazione.